martedì 17 luglio 2012

E SE INVECE ANDASSIMO CON PIACENZA?

Egregio Direttore, dopo il suo nuovo intervento, con il quale ha invitato i Lodigiani a porre in essere una griglia di passaggi e quello dell’Avv. Pietro Foroni, attuale presidente della provincia di Lodi, nonché l’autorevole  “consiglio” del presidente milanese Podestà (nel senso che si tratta di uno che conta nel PdL e nel panorama politico-strategico milanese), il primo passaggio dovrebbe essere, visto i tempi dettati dal testo governativo, la scelta con chi andare per tentare di restare almeno una “identità geografica”. Ritengo indispensabile iniziare a muoversi, senza  sperare in ipotesi  dilatorie.  Dunque Milano non ci vuole, in quanto l’entità metropolitana verrebbe ad essere troppo sbilanciata a sud, con una fisionomia di area troppo anomala ( ed economicamente improduttiva e pesante) rispetto al resto del territorio. Secondo me, è un bene: abbiamo evitato il rischio di diventare un “territorio-spazzatura” del milanese. Sono tramontati i  da un pezzo i tempi nei quali i milanesi venivano a fare le ferie nel  Lodigiano, per respirare, a basso costo, un po’ di aria buona!  A questo punto le opzioni che restano sono tre: Lodi-Crema; Lodi-Pavia; Lodi-Piacenza, sempre che la debolezza e le divisioni endogene non portino ad una disgregazione  tipo “spezzatino” a favore dei confinanti. L’ipotesi Lodigiano-Cremasco, che sarebbe la più logica e utile per ambedue, ha un grosso handicap sul percorso: primo,convincere Cremona e i Cremonesi a mollare il Cremasco e ad aggregarsi col Mantovano; secondo superare  gli umori avversi del mantovano ad allearsi con i Cremonesi.  Chi glielo fa fare? Che vantaggi avrebbero?  La seconda ipotesi Lodigiano-Pavese potrebbe, a questo punto, costituire una strada più percorribile, almeno da un punto di vista squisitamente istituzionale. Qual è il problema?  Primo: le due aree sono economicamente abbastanza disomogenee, con il Lodigiano che verrebbe a trovarsi in una situazione sfavorevole di debolezza cronica. Una semplice connotazione di fatto: basta vedere come la provincia pavese ha gestito  e gestisce le infrastrutture stradali.  Per contro, un vantaggio potrebbe essere l’eccellenza sanitaria ospedaliera che potrebbe risultare contagiosa per quella lodigiana. Potrebbe, ma non è detto, perché con la spending review e la relativa distanza tra i due centri, potrebbe accadere un ulteriore svuotamento delle competenze lodigiane. Secondo, nel nuovo ambito il Lodigiano verrebbe a trovarsi in una dimensione culturale, sociale, politica, in una parola, antropologica, debole, nella quale rischierebbe di soffocare, comunque di  “respirare” con sempre maggiore fatica. La terza ipotesi sarebbe  l’unione  Lodigiano- Piacentino. Mi pare di capire che i piacentini siano stufi di venire trattati, nell’Emilia, come i parenti poveri e che farebbero volentieri quattro passi oltre il Po. Hanno un territorio  ed una economia abbastanza simile alla nostra. Già oggi molti Lodigiani ( io sono fra questi) hanno abbandonato il richiamo metropolitano milanese a favore  dei migliori prezzi  e delle opportunità  del territorio piacentino . Stante proprio la loro esperienza e le loro frustrazioni, potrebbe essere molto più agevole intavolare un discorso di pari opportunità, senza contare che anche da loro, come molti Lodigaini sanno, è possibile trovare una sanità di buon livello, oltre collegamenti infrastrutturali molto più agevoli. Forse sarebbe utile fare una bella pensata anche su questa ipotesi, oltre ad una verifica istituzionale.
                                                                                                                             Paolo Bernabei  
Pubblicata in prima pagina su "Il Cittadino" del 17 luglio 2012

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