Egregio Direttore, dopo il suo nuovo intervento, con il quale ha invitato i Lodigiani a
porre in essere una griglia di passaggi e quello dell’Avv. Pietro Foroni,
attuale presidente della provincia di Lodi, nonché l’autorevole “consiglio” del presidente milanese Podestà (nel
senso che si tratta di uno che conta nel PdL e nel panorama politico-strategico
milanese), il primo passaggio dovrebbe essere, visto i tempi dettati dal testo
governativo, la scelta con chi andare per tentare di restare almeno una
“identità geografica”. Ritengo indispensabile iniziare a muoversi, senza sperare in ipotesi dilatorie.
Dunque Milano non ci vuole, in quanto l’entità metropolitana verrebbe ad
essere troppo sbilanciata a sud, con una fisionomia di area troppo anomala ( ed
economicamente improduttiva e pesante) rispetto al resto del territorio.
Secondo me, è un bene: abbiamo evitato il rischio di diventare un
“territorio-spazzatura” del milanese. Sono tramontati i da un pezzo i tempi nei quali i milanesi
venivano a fare le ferie nel Lodigiano,
per respirare, a basso costo, un po’ di aria buona! A questo punto le opzioni che restano sono
tre: Lodi-Crema; Lodi-Pavia; Lodi-Piacenza, sempre che la debolezza e le
divisioni endogene non portino ad una disgregazione tipo “spezzatino” a favore dei confinanti.
L’ipotesi Lodigiano-Cremasco, che sarebbe la più logica e utile per ambedue, ha
un grosso handicap sul percorso: primo,convincere Cremona e i Cremonesi a
mollare il Cremasco e ad aggregarsi col Mantovano; secondo superare gli umori avversi del mantovano ad allearsi
con i Cremonesi. Chi glielo fa fare? Che
vantaggi avrebbero? La seconda ipotesi
Lodigiano-Pavese potrebbe, a questo punto, costituire una strada più
percorribile, almeno da un punto di vista squisitamente istituzionale. Qual è
il problema? Primo: le due aree sono
economicamente abbastanza disomogenee, con il Lodigiano che verrebbe a trovarsi
in una situazione sfavorevole di debolezza cronica. Una semplice connotazione
di fatto: basta vedere come la provincia pavese ha gestito e gestisce le infrastrutture stradali. Per contro, un vantaggio potrebbe essere
l’eccellenza sanitaria ospedaliera che potrebbe risultare contagiosa per quella
lodigiana. Potrebbe, ma non è detto, perché con la spending review e la
relativa distanza tra i due centri, potrebbe accadere un ulteriore svuotamento
delle competenze lodigiane. Secondo, nel nuovo ambito il Lodigiano verrebbe a
trovarsi in una dimensione culturale, sociale, politica, in una parola,
antropologica, debole, nella quale rischierebbe di soffocare, comunque di “respirare” con sempre maggiore fatica. La
terza ipotesi sarebbe l’unione Lodigiano- Piacentino. Mi pare di capire che
i piacentini siano stufi di venire trattati, nell’Emilia, come i parenti poveri
e che farebbero volentieri quattro passi oltre il Po. Hanno un territorio ed una economia abbastanza simile alla nostra.
Già oggi molti Lodigiani ( io sono fra questi) hanno abbandonato il richiamo
metropolitano milanese a favore dei
migliori prezzi e delle opportunità del territorio piacentino . Stante proprio la
loro esperienza e le loro frustrazioni, potrebbe essere molto più agevole
intavolare un discorso di pari opportunità, senza contare che anche da loro,
come molti Lodigaini sanno, è possibile trovare una sanità di buon livello,
oltre collegamenti infrastrutturali molto più agevoli. Forse sarebbe utile fare
una bella pensata anche su questa ipotesi, oltre ad una verifica istituzionale.
Paolo
Bernabei
Pubblicata in prima pagina su "Il Cittadino" del 17 luglio 2012
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